Progetti:
Giuliana Mariniello - Faces Of Time
Gianluca Aggi - Cosmopoli 36 Scatti - People
Faces Of Time
One of the main subjects of my personal photographic research is the urban environment, a privileged place of observation of the changes, practices and ways of representation of contemporary society which is continuously changing and transforming itself.
During this research I have more and more focused my attention on detail elements, minor ephemeral signs of the city, ie the torn posters, expressing a casual and mysterious beauty, with which there has been a silent dialogue, as it often happens in photography in the relationship subject-object, which is for a me a basic philosophical aspect.
My work is a contemporary revisiting of the subject of the torn posters, theme of a long photographic and artistic history which goes from Walker Evans to Jacques Villeglé, the affichistes and Mimmo Rotella and his décollages.
The torn poster, destroyed by time and weather and by man (through affission and torn) constitutes in the end an icon of the urban inpermanence, a kind of palimpsest of time, whose fragments are recomposed by the photographic eye in a new sign.
NB. The images, taken with an analogic camera, have not been digitally elaborated
Giuliana Mariniello
Giuliana Mariniello was born in Piedmont and is of Istrian origin (Porec).
She has taught English Literature at the University of Naples 'L'Orientale' and has published several books and essays on Shakespeare, the English culture of the Renaissance, the travel literature and the intercultural relations between the East and the West.
She is interested in the theoretical aspects of photography and has been carrying on a personal artistic research for several years.
She has taken part in various workshops with well-known Italian and foreign photographers, including M. Ackerman, M. Botman, M. Cresci, F. Fontana, D. Kirkland, G. the Querrec and A. Webb.
She has exhibited in about 40 solo and group exhibitions in Italy and abroad (Paris, Arles, New York, Los Angeles, Tel Aviv) and has received various awards such as the Kodak Elite Prize and the Photofolio Prix at the Rencontres Internationales de la Photographie in Arles.
Some themes of her work are the urban landscape, the representation of the 'feminine' and the relationship between sacred and profane.
She has curated several exhibitions (G. Berengo Gardin, F. Cito, H. Stein, C. García Rodero) and written articles, essays and presentations of photobooks. Her publications include, Women X Women (2011), the essay Sulla fotografia giapponese contemporanea (Naples, 2013) and Marilyn Forever (Roma, 2013).
She is a member of the FIAF and in the editorial board of the magazine FOTOIT.
Cosmopoli 36 Scatti - People
"COSMOPOLI 36 SCATTI people" born from a social and naturally artistic need that aims to contextualize any citizen in his urban environment, unaware of the fact of being the co-protagonist of a scene in which the exchange of energy between place and man is evident.
Gianluca Aggi
La mia filosofia fotografica inizia nei primi anni duemila.
Essendo un sognatore e un attento osservatore cercavo un linguaggio per creare qualcosa che sapesse di arte.
La fotografia mi ha scelto per caso, dopo aver notato una foto di Cartier-Bresson; ”Behin d the garest-Lazare.
Un semplice salto ha contribuito a creare una foto elegante, curiosa e iconica.
Naturalmente non ho mai tentato di rifarla in salsa nostrana però, inevitabilmente, ne ha condizionato il mio stile.
Così è cominciata la ricerca del gesto banale, semplice, quotidiano da valorizzare e trasformare in equilibrate composizioni visive, dove linee e ombre abbracciano l'ignaro protagonista.
Come i fotografi di strada francesi di metà '900, ho vagato per la città senza nessuna meta apparente in modo tale da lasciare al caso la situazione da immortalare.
Questo mi ha portato a vedere e vivere la fotografia in modo diverso.
Con lentezza, con meditazione ma nel contempo con una buona dose di improvvisazione.
Lunghe esplorazioni urbane e sociali, caratterizzavano le mie uscite per poi stare appostato ad osservare con estrema discrezione la gente nelle loro semplici attività.
La fotografia digitale velocizzava troppo i tempi, rischiando di bruciare l'interessante arte alla quale stavo approcciandomi, senza aver raggiunto gli obiettivi da me prefissati.
La fotocamera digitale metteva troppa fretta, troppa ansia da gratificazione immediata che non cercavo.
La “pellicola” invece richiedeva attese decisamente più lunghe e meditate.
L'attesa dello sviluppo dei provini a contatto, degli ingrandimenti, dei miglioramenti tecnici e mentali.
Intesa così la fotografia sottintende un approccio nettamente diverso dalla digitale.
Il bianco nero nasce prima di essere scattato.
Nella mente prima di tutto.
I colori distolgono dall'azione principale, tendono a sbiadirsi col tempo, ad invecchiare improvvisamente, senza scampo.
Il bianco nero mi dava garanzia di creare immagini senza luogo e senza tempo.
La mia fotocamera mi ha consentito di ampliare i miei orizzonti mentali, consentendomi di allargare la visione fotografica in una istruttiva visione sociale.
Nasceva in me un altro punto di vista.
E' stato come avere un lasciapassare per assistere ad una commedia sul palco di un enorme teatro.
Eh si, quando sono in “missione” tutto diventa una sorta di palcoscenico dove mi sento libero fisicamente e mentalmente.
La mia concentrazione è massima ma senza ossessione. Con calma.
Tutte le persone che mi circondano diventano attori inconsapevoli del mio set; anche quando non scatto le osservo, le studio, le giudico a volte.
Succede spesso di seguire colui o colei che desta un interesseparticolare in me, con lo scopo di inquadrarlo in in un punto a me congeniale, oppure li osservo e basta mentre altre volte le conosco consentendomi di entrare in mondi a me finora totalmente sconosciuti o preclusi.
Non ho mai dato troppa importanza all'attrezzatura, mi è sempre bastato avere con me la reflex con al massimo, due ottiche fisse.
Per me il fine ha sempre sopraffatto il mezzo, ma nel mio zaino un libro non è mai mancato; nelle orecchie la musica jazz.
Era il libro (del momento) che faceva la differenza.
Mi consentiva di entrare in uno stato d'animo leggero e sereno.
Sul treno capitava sempre di essere circondato da individui appiccicati al loro minischermo nella perenne attesa di chissà quale risposta.
Ma questo comportamento non mi condizionava, anzi mi esortava a continuare la lettura, le riflessioni sulla società, sulle foto scattate e quelle mancate.
I problemi restavano fuori.
Si entrava in un mondo tutto mio.
Le mie lunghe uscite e i miei viaggi non comprendevano solo un'attività di voyeur astrattamente autorizzato ma anche visite a musei e mostre d'arte.
Ho sempre trovato opportuno diversificare l'interesse in diverse arti e artisti.
De Chirico, Depero, Hopper, Caravaggio e Rembrandt. ma non solo la pittura e la narrativa hanno condizionato la mia fotografia archeo-umanista, anche il cinema con il neorealismo italiano, Hitchcock, Orson Wells e i grandi classici americani in bianco nero degli anni '30 ,'40 e '50.
Naturalmente allenare l'occhio con il cinema viene naturale ma la musicajazz non può fare altro che alimentare la voglia di improvvisazione.
La melodia fotografica è impostata, i suoni della città fanno da sezione ritmica tenendo il tempo all'assolo dell'otturatore.
La narrativa, come ovvio, ha ispirato il titolo del progetto.
Trentasei sono i fotogrammi di un rullino a pellicola.