Nell’occasione del Trieste Photo Days, edizione 2020, il fotografo Alain Schroeder, già premio URBAN 2019, offre l’opportunità di posare lo sguardo su questa regione dell’Asia attraverso tre storie. La divisione politica che caratterizza la Corea dal 1945 è restituita anche nell’allestimento proposto: a ogni stanza corrisponde una nazione e il muro divisorio rievoca quella linea di confine che coincide con il 38° parallelo.
La prima stanza è dedicata alla Corea del Nord, uno degli stati più secretati al mondo. Le foto scattate a Pyongyang sono state realizzate il 9 settembre 2018, in occasione del settantesimo anniversario della creazione della Repubblica Democratica Popolare di Corea, evento eccezionalmente accessibile sia alla stampa che ai turisti.
Il fotografo sceglie di recarsi in Corea per realizzare un progetto dedicato all’arte marziale coreana Taekwondo (che significa “la via del pugno e del calcio in volo”), creata nel 1955 dal generale Choi Hong-hi. Durante la permanenza a Pyongyang il fotografo ha potuto effettuare diversi scatti della città del dittatore Kim Jong-un. Si tratta di una preziosa documentazione fotografica che però, come sottolinea egli stesso, non restituisce fedelmente il paese ma è condizionata dai meccanismi manipolatori dell’informazione di regime, visto che il servizio è stato effettuato sotto il rigido controllo censorio di due guide ufficiali che hanno indicato cosa guardare e cosa fotografare.
This is not Korea sottolinea il fotografo, ma il servizio, seguendo gli stilemi comunicativi del regime, ha il merito di restituirci la prodigiosa macchina organizzativa creata per la costruzione del consenso che, in questo caso, è per una volta desideroso di travalicare i confini nazionali.
La Corea del Sud è descritta attraverso una serie di ritratti femminili scattati presso l’isola di Jeju. Qui la pesca a immersione è praticata dalle donne Haenyeo che si tuffano senza bombole nelle acque gelide a caccia dei preziosi awabi (abaloni o orecchie di mare): frutti di mare in via di estinzione sempre più richiesti anche dagli chef stellati occidentali.
I ritratti monocromatici, perlopiù frontali, descrivono mature sommozzatrici avvolte in tute di gomma, protette da vecchi occhiali, fasciate in vita da una cintura di pesi di piombo e armate di bitchang, il gancio utilizzato per estrarre l’abalone.
La presenza delle donne pescatrici è diffusa anche nel vicino Giappone. Il fascino da esse esercitato ha costituito sia una ricercata fonte iconografica per le espressioni artistiche giapponesi, come testimoniato dalla stampa di inizio ‘800 di Utagawa Kuninao conservata presso il Civico Museo d’Arte Orientale raffigurante una Pescatrice di awabi – anch’essa posta in dialogo con le fotografie in mostra -, sia una costante attrattiva per gli Occidentali, infatti nel 1954 anche Fosco Maraini fotografa le pescatrici giapponesi Ama dell’isola di Hèkura (Hegurajima), descrivendole nel noto volume “Ore giapponesi”, di cui viene esposta la prima edizione.
Al contrario, i ritratti di Schroeder si discostano dalla tradizione più antica dell’Ukiyo-e che descrive pescatrici giovani, sensuali e flessuose e dalle foto di Maraini.
Il fotografo belga restituisce esclusivamente i volti segnati delle donne mature che, nonostante l’età, le mille rughe, si ergono in un tempo sospeso, maestose, elegantissime e ancora capaci di stupirci, persino di sedurci.
Un senso di mistero e di distanza pervade la fotografia del belga Schroeder, confermando la profonda influenza subita dal surrealismo di Magritte.